Tuesday, February 17, 2009

Zia Fortuna

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Fortunata Vadalà Scarfì, la sorella di mio papà, era per me “Zia Fortuna”, nome in un certo senso sbagliato, dato che fu abbastanza sfortunata, particolarmente durante la seconda metà della sua vita. Però, pensandoci bene, nessuno lo avrebbe mai saputo osservando la sua gioia e serenità imperturbabili, e il suo sorriso contagioso, anche in mezzo alle avversità.

L’ho conosciuta per la prima volta quando avevo tre anni, duranta una lunga vacanza in Italia. Ricordo ben poco di quell’estate del ’61, però apparentemente ero rimasto invaghito da Zia Fortuna. Da allora, molte volte mi rammentò una conversazione che avemmo quando stavo per tornare in America.

“Ora te ne vai in America, e mi lasci sola.”



“No, zia Fortuna!” protestai con innocenza e sincerità. “Io non ti lascerò mai sola!”

Non solo l’avevo lasciata, ma l’avevo anche dimenticata. Negli anni sessanta, le telefonate transatlantiche erano rare e costose. L’unico mezzo di comunicazione era la posta, e io non scrivevo mai. Ma quando la mia famiglia tornò in Italia nel ’68, mi innamorai un’altra volta di Zia Fortuna.

Penso che tutti i presenti in Italia del clan Vadalà hanno ancora bei ricordi di quell’estate del ’68. Fu una gloriosa riunione di famiglia dopo sette anni di separazione. Per me fu l’inizio di un’amicizia con tre cugini della mia età: Pietro, Maurizio, e Claudio (il secondo figlio maschio di Zia Fortuna). Fu senz’altro un enorme piacere per Nonno Pietro e Nonna Nella avere quasi tutti i loro figli e le loro famiglie a Torre Faro, il nostro paesello sito nell'angolo nord orientale della Sicilia. Tutti ancora ricordiamo una splendida giornata in cui l’intera famiglia era riunita sulla spiaggia mangiando, bevendo, nuotando, e semplicemente divertendosi.


In quel giorno particolare sembrava che tutti fossero giovani e pieni di energia. Ricordo come rimasi a bocca aperta quando Nonna Nella (che in mente mia ricordavo sempre con una vesta lunga ed i capelli grigi raccolti in una crocchia, e sempre seduta davanti alla sua porta con l’uncinetto in mano) si mise in costume da bagno, si sciolse i capelli, si tuffò nel Tirreno, e cominciò a nuotare con agilità.

E ricordo anche Zia Fortuna giovane e piena di energia, e come anche lei conservava sempre un caro ricordo di quella giornata. Provammo gioie simili l’estate successiva quando ci riunimmo tutti di nuovo, questa volta anche insieme a Zio Lillo e famiglia. L’estate del ’69 sarebbe stata perfetta eccettuato per il fatto che proprio quell’anno scoprirono che Nonno Pietro aveva un cancro nello stomaco. Anche lui era una persona che ricordo sempre pieno di energia giovanile, nonostante l’età avanzata.

Dopo la morte di Nonno Pietro nel ’71, Zia Fortuna venne a farci visita negli Stati Uniti, insieme a suo figlio Riccardo. Per me quella fu un’altra opportunità di apprezzare e di innamorarmi più ancora di quella donna meravigliosa. Tutti nella nostra famiglia, da ambo i lati, alcuni conoscendola per la prima volta, rimasero subito affascinati dal suo calore, la sua gioia di vivere e la sua energia giovanile. Tutti ricordiamo ancora come giocava con i bambini grandi e piccoli, facendo capriole nel prato dietro casa nostra.

Ho già detto abbastanza della sua energia giovanile. Anni dopo, credo quando raggiunse la cinquantina, fu diagnosticata di artrite reumatoide, una dolorosa malattia che avrebbe devastato gli ultimi anni della sua vita, costringendola ad usare prima una sedia a rotelle e, eventualmente, confinandola a letto. Ma pur non avendo più né l’energia fisica né la destrezza per fare capriole, la sua gioia di vivere rimaneva ancora. Non si lamentava mai. Quando penso a lei, mi vengono in mente le parole di San Paolo nella lettera ai Galati: “Ma il frutto dello Spirito è: amore, gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo.” La zia mostrava tutti i frutti dello Spirito in grande misura.

E credo che proprio lì si scopre almeno parte del suo segreto - era una donna di gran fede. La sua principale preghiera e preoccupazione per la sua famiglia e per tutti i suoi cari era che “volessero bene a Gesù”. Ricordo - quando avevo vent’anni e per la prima volta cominciai a capire il Vangelo - le scrissi una lettera per dirglielo. E lei rispose subito per dirmi che aveva pianto lacrime di gioia per la mia rinascita. Da allora in poi si stabilì tra noi due un’altro legame, molto più speciale di quello che esiste tra un bimbo e la zia che adorava.

In anni più recenti, ho avuto la fortuna di visitare spesso l’Italia e di vedere la zia quasi ogni anno. E all’ora della partenza, lei sempre mi diceva, “Ora mi lasci sola?”, e io le rispondevo, “No, zia, io non ti lascierò mai sola!”. E lei mi sorridendo mi diceva, “Bugiardo!” Tra un viaggio e l’altro, ci tenevamo spesso in contatto per telefono.

L’ho vista per l’ultima volta nell’estate del 2008, durante un soggiorno di due settimane in Sicilia. Purtroppo, per tutto quel periodo lei era ricoverata all’ospedale, ma fu un mio fermo proposito andare spesso a farle visita. Ricordo bene l’ultima sera che la vidi al Policlinico, perchè all’indomani dovevo rientrare negli Stati Uniti. L’orario delle visite era quasi al termine, e la zia stava dormendo. Non volevo svegliarla, ma si svegliò subito quando le toccai leggermente la mano. Avendo sentore che probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta che l’avrei vista viva, provai a dire qualche parola di incoraggiamento. “Lo sai...” – le dissi – “a differenza di tuo nipote bugiardo, c’e una Persona che veramente non ti lascerà mai sola.”

“Oh, quello è sicuro,” mi rispose. “Non mi ha lasciato mai, e mai mi lascerà”

Parlammo ancora di quella bellissima giornata alla spiaggia nel ’68, e parlammo anche dei nostri cari che erano presenti là ma che ora non sono più tra noi: Nonno Pietro, Nonna Nella, mio papà.... La zia parlò con gioia e certezza che un giorno saremo tutti riuniti. Usando forse una variazione della promessa di Gesù, “Nella casa del Padre mio ci sono molte stanze, ” mi disse, “Saremo tutti insieme in un albergo a cinque stelle!” Poi, nonostante i dolori constanti che sentiva, mi sorrise con quel suo sorriso contagioso.

Ề morta questo venerdì passato, il 13 febbraio, 2009. Mi consolo cercando d’immaginare Zia Fortuna libera da tutti i suoi dolori, con una rinnovata giovinezza ed agilità, forse facendo un paio di capriole, e godendo quell’ albergo a cinque stelle.

Entra nella gioia, Zia Fortuna. Ascolta il Salvatore che ti dice quelle parole infinitamente preziose: “Ben fatto, buona e fedele serva.” E abbracciami tutti i nostri cari, particolarmente mio papà. Ancora sento tanto la sua mancanza, come sentirò la tua.

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